Skip to main content

Emozioni e REBT

A cura della Dott.ssa Gloria Marchesi

Nel corso degli ultimi anni grande spazio è stato dedicato, nella ricerca e nella prassi clinica ed educativa, all’esplorazione del mondo emotivo in età evolutiva. Se da un lato tutto ciò riflette un interesse maggiore, trasversale ad ambiti differenti, rispetto al tema delle emozioni, è necessario però ricordare che la vita emotiva del bambino possiede specificità proprie, specificità legate anzitutto ad uno sviluppo emotivo, dalle primissime fasi di vita per proseguire senza interruzione negli anni successivi, e, in secondo luogo, ad uno sviluppo emotivo che inevitabilmente si intreccia con uno sviluppo sociale, linguistico-comunicativo, morale, ma anche cognitivo del bambino.

Se il riconoscimento delle espressioni emotive dell’altro risulta essere una competenza che si manifesta molto precocemente nel corso dello sviluppo, occorre attendere che maturino competenze cognitive e sociali più ampie, prima di parlare di una vera e propria comprensione delle emozioni.

Ciò che la ricerca degli ultimi anni sembra sottolineare con forza è che esista una stretta interconnessione tra razionalità ed emozioni e questo appare vero anche per i bambini. La teoria psicologica che ha dato maggior impulso allo studio dei processi mentali che sottendono le nostre esperienze emotive è la TERAPIA RAZIONALE EMOTIVA COMPORTAMENTALE (nota con l’acronimo di REBT: Rational-emotive behavioural therapy), sviluppata dallo psicologo statunitense Albert Ellis .

Tale teoria si fonda sulla convinzione che un pensiero razionale ed accurato possa promuovere un certo benessere emotivo e, viceversa, un pensiero irrazionale, non realistico, non costruttivo possa essere alla base di alcune difficoltà nella gestione delle emozioni. Una precisazione si rende necessaria a questo punto: con “problema emotivo”, “difficoltà nella gestione delle emozioni” o altre dizioni simili, in psicologia, si fa riferimento a manifestazioni differenti connesse non tanto alla qualità delle emozioni provate dal bambino, tutte ugualmente meritevoli di trovare spazio e modi di espressione, ma piuttosto alla loro intensità, durata e frequenza e di conseguenza al loro impatto sul benessere del bambino e sull’adattamento al proprio contesto di vita.
Sempre più frequenti, infatti, sono le richieste che provengono dalle famiglie, ma anche dal mondo della scuola relativamente alle modalità più utili e funzionali da adottare di fronte a esplosioni emotive (ma talvolta anche a ritiri), che finiscono spesso per portare a comportamenti disfunzionali. Secondo la Terapia Razionale Emotiva Comportamentale le reazioni emotive che si sperimentano di fronte a particolari accadimenti, non sono direttamente collegate all’evento in sé, ma piuttosto all’interpretazione che noi diamo a ciò che accade, a come ci rappresentiamo i fatti nella nostra mente, alle nostre convinzioni, aspettative, valutazioni.
Questa teoria spiega, dunque, con molta chiarezza come possa accadere che due persone diverse, in presenza dello stesso avvenimento, possano avere reazioni emotive molto differenti. Ma non solo.. questa teoria, connettendo le emozioni al lavoro mentale di “lettura” della realtà, vede nella modifica e nella ridefinizione di questi pensieri la possibilità, per la stessa persona, di sperimentare vissuti emotivi diversi, nel corso del tempo, di fronte ad eventi simili.
La Terapia Razionale Emotiva Comportamentale spiega il meccanismo che sta alla base delle reazioni emotive attraverso il modello ABC dell’emozione:
-A indica un qualsiasi evento o situazione;
-B comprende i pensieri valutativi riguardanti ciò che accade nel punto A;
-C è la reazione emotiva e il comportamento che ne deriva.
In una prospettiva evolutiva un lavoro sulle emozioni in base a questa teoria, si traduce in un intervento teso a guidare il bambino alla scoperta del proprio “dialogo interiore”, dei propri pensieri e delle proprie convinzioni e in una progressiva ridefinizione dei pensieri irrazionali, che portano ad avere reazioni emotive esageratamente negative in rapporto alla situazione. Esempi di tale pensieri possono essere:
– i pensieri assolutistici, che spingono a considerare indispensabile ciò che è soltanto desiderabile (“devo assolutamente ottenere quello che desidero”; “gli altri devono assolutamente essere miei amici”);
–  i pensieri catastrofici, che portano ad esagerare eccessivamente le conseguenze spiacevoli di un evento (“è terribile prendere un brutto voto”);
– i pensieri di svalutazione globale di sé o degli altri, che portano a considerare se stessi o gli altri un fallimento totale solo perché non si è riusciti bene in qualcosa (“sono uno stupido”);
– la tendenza a generalizzare che porta a pensare in termini di “sempre”, “mai”, “tutti” (“nessuno mi vuole bene”, “tutti ce l’hanno con me”).
Attraverso l’educazione Razionale Emotiva  il bambino viene invitato ad esaminare i propri “virus mentali” (come vengono chiamati da Mario di Pietro nel proprio manuale “L’ABC delle mie emozioni. Programma di alfabetizzazione socio-affettiva secondo il metodo REBT). Si tratta di un processo complesso per i bambini, abituati a collegare direttamente il proprio vissuto emotivo (spesso poco definito e poco differenziato nel continuum di emozioni simili) alla situazione concreta scatenante. Attraverso la riflessione sui propri pensieri il bambino può essere accompagnato e sostenuto alla ricerca di un “dialogo interiore” più utile, capace di favorire reazioni emotive maggiormente equilibrate.
Esempio di lavoro sulle emozioni condotto sulla base del metodo REBT con un bambino di 10 anni
(riadattamento dalle proposte contenute nel manuale in bibliografia).

Bibliografia:

Di Pietro, M. (2014). L’ABC delle mie emozioni. Programma di alfabetizzazione socio-affettiva secondo il metodo REBT. Trento: Edizioni Centro Studi Erikson