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Insonnia e TCC

A cura del Dott. Patrizio Angelinis

Lo sviluppo del gusto e delle abitudini alimentari in età pediatrica passa attraverso diverse fasi, alcune delle quali caratterizzate da una fisiologica diffidenza di fronte alla nuova proposta di alimenti sconosciuti. Il corretto superamento di queste fasi apre la strada ad un’alimentazione variegata e bilanciata; in alcuni casi, la diffidenza verso alimenti non noti o con caratteristiche sensoriali considerate dal bambino poco “attraenti” persiste, fino a condurre ad un’incapacità di soddisfare le esigenze nutrizionali con la comune alimentazione e ad un vero e proprio Disturbo della Nutrizione.

La preferenza verso alcuni sapori ha alla base meccanismi biologici ed ambientali. L’esperienza gustativa ha inizio con la gravidanza, prosegue poi con l’allattamento e con la fase dello svezzamento, con cui inizia la proposta di cibi solidi e non sempre dolci, e non sempre è bene accetta da tutti i bambini. Un’altra fase fisiologica è quella della neofobia, cruciale nel contributo all’accettazione di frutta e verdura.

Verso i 18 mesi, fino ai tre anni, i bambini presentano una preferenza per i cibi a loro familiari e una forte avversione verso i cibi che non conoscono; inoltre, la scelta alimentare comincia ad essere dettata anche da fattori aggiuntivi oltre al gusto: l’aspetto dell’alimento, la forma, la consistenza.

Secondo gli antropologi, il disgusto verso alimenti non noti avrebbe alla base un meccanismo evolutivo: l’esigenza di variare l’apporto nutritivo sarebbe controbilanciata dalla necessità di evitare intossicazioni da alimenti non noti.

La diffidenza tipica della fase della neofobia, infatti, è rivolta, spesso, verso alimenti vegetali, possibili fonti di veleni, tossine e sostanze antinutrienti. Quando le differenti fasi non vengono superate e si presenta un deficit nutrizionale significativo, un perdita di peso consistente e spesso una marcata interferenza con il funzionamento psicosociale, si parla di ARFID, il Disturbo Evitante/Restrittivo dell’assunzione di cibo.

L’ARFID è un disturbo introdotto nel 2013 dalla quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), che ha unito in un’unica categoria diagnostica i disturbi della nutrizione dell’infanzia con i disturbi dell’alimentazione.
La diagnosi di ARFID si pone quando si verifica un persistente fallimento nel soddisfare le necessità nutrizionali e/o energetiche che determina una (o più) delle seguenti conseguenze: (i) perdita di peso significativa (o fallimento di raggiungere l’aumento di peso atteso o inadeguata crescita nei bambini); (ii) deficit nutrizionale significativo; (iii) funzionamento dipendente dalla nutrizione enterale o dai supplementi orali; (iv) marcata interferenza con il funzionamento psicosociale.

Per porre diagnosi di ARFID, il disturbo non deve essere spiegato dalla mancata disponibilità di cibo o da una pratica culturalmente sancita, non deve manifestarsi esclusivamente durante il decorso dell’anoressia nervosa e della bulimia nervosa e non deve esserci l’evidenza che l’evitamento del cibo sia la conseguenza della paura d’ingrassare e dell’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo.  Infine, il disturbo non deve essere attribuibile a una malattia medica concomitante o essere spiegato da un altro disturbo mentale. Quando il disturbo dell’alimentazione si verifica nel contesto di un’altra condizione o disturbo, la gravità del disturbo dell’alimentazione deve eccedere quella abitualmente associata con la condizione o il disturbo ed è sufficientemente grave da giustificare un’attenzione clinica aggiuntiva.

La prevalenza dell’ARFID è stata valutata solo in studi retrospettivi e i risultati preliminari indicano che i pazienti con questo disturbo tendono ad essere più giovani rispetto a quelli con anoressia nervosa e bulimia nervosa e che, rispetto a questi disturbi, il disturbo sembra colpire un maggior numero di maschi. Inoltre, il disturbo presenta una frequente comorbilità per i disturbi d’ansia e, in alcuni casi, per il disturbo da deficit di attenzione/iperattività e i disturbi dello spettro autistico.
La ricerca ha dimostrato che esistono tre profili ARFID e che il trattamento si articola a seconda dell’appartenenza a uno di questi. Attualmente però esistono numerose difficoltà sia nella diagnosi che nel trattamento della patologia a causa di pochi trial randomizzati su adolescenti e adulti, pochi trial farmacologici, mancanza di studi prospettici sul trattamento, presenza di comorbilità psichiatrica.
Apparente mancanza di interesse per il mangiare o per il cibo. Chiamato anche Disturbo Evitante-Emotivo del cibo. Sono bambini che dimostrano difficoltà emotive, faticano a capire quando hanno fame, dimenticano di mangiare, si sentono precocemente sazi.
Evitamento basato sulle caratteristiche sensoriali del cibo. Questo sottogruppo è caratterizzato dall’eliminazione di cibi relativi alle loro proprietà sensoriali come aspetto odore consistenza gusto temperatura;
Preoccupazioni relative alle conseguenze negative del mangiare. Vi è un ridotto apporto di cibo dovuto alle conseguenze negative del mangiare come: soffocare, vomitare, causare diarrea, causare reazioni allergiche, causare dolori addominali.
l trattamento dell’ARFID, come per tutti i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, deve essere multidisciplinare e implicare la partecipazione di diversi professionisti: dallo psicologo, al pediatra al nutrizionista.  Il successo del trattamento nutrizionale e comportamentale dipende soprattutto da quanto tempo il paziente è affetto da Arfid; proprio per questa ragione è fondamentale individuare tempestivamente il problema.