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Internet Addiction Disorder, questo il tema al centro del 4° appuntamento di TERZO TEMPO, il progetto realizzato dalla Polisportiva di Albosaggia grazie al bando “adolescenti fragili” di Fondazione Pro Valtellina. Vi aspettiamo il 12 maggio alle ore 20.45 presso il Cinema Excelsior di Sondrio.

Il concetto di “dipendenza” non è più appannaggio esclusivo delle sostanze, essendosi esteso ai comportamenti: fra questi molto discusso è la “dipendenza da internet”, ormai entrata a far parte anche del vocabolario quotidiano.

E’ ancora dibattuto se le dipendenze comportamentali presentino le caratteristiche tipiche di quelle da sostanze come la tolleranza (devo aumentare la dose per ottenere lo stesso effetto) il craving (senso di bisogno fisiologico e anticipazione rispetto all’uso) e l’astinenza (il non uso mi provoca sintomi psicofisici spesso intollerabili).

Non esiste però attualmente una definizione condivisa di questo disturbo, bensì vari modelli con diversi criteri proposti. Emergono comunque degli elementi comuni ovvero:

  • scarso controllo sull’uso di Internet: “smetto quando voglio”, trovarsi a dover mentire per riguardo il tempo passato online magari per periodi sempre più lunghi…
  • problematiche sociali e/o personali derivate dall’uso eccessivo: inefficienza sul lavoro, esami non dati, relazioni trascurate, problemi fisici…
  • preoccupazione eccessiva e salienza della tematica: così come per il tossicodipendente procurarsi la sostanza diventa il bisogno primario, così l’essere connessi può dominare i pensieri e diventare indispensabile per la regolazione dell’umore

La classica immagine di un “nerd” di sesso maschile, introverso e con un interesse ossessivo per la tecnologia appare quanto meno parziale, anche se parte della ricerca indica effettivamente un numero maggiore di maschi con questo tipo di problematiche.

Se dovessimo trovare una caratteristica comune sarebbe la ricerca di gratificazioni assenti o più difficilmente accessibili con mezzi tradizionali. Pensiamo a chi esplora possibilità relazionali protetto dall’anonimato sentendosi più al sicuro che nella vita reale ma anche ai dipendenti con una concomitante psicopatologia, come i disturbi dell’umore dove diventa una sorta di “automedicazione” o alla masturbazione e al gioco d’azzardo compulsivi. Non stupisce quindi che particolarmente diffusi risultano essere i vissuti di solitudine e depressione.

Non dobbiamo però sottovalutare situazioni di apparente normalità e spesso socialmente accettate: quanto è solida la mia autostima se è dipendente dal pubblico dei miei selfie? Sono un manager responsabile che controlla le mail anche mentre è in vacanza con la famiglia o è un rituale ossessivo ormai necessario per controllare l’ansia?

Possiamo quindi identificare situazioni di difficoltà personale certamente diffuse da ben prima della rete, ma che in essa trovano una compensazione che successivamente diventa necessità e circolo vizioso. Guardando a questi fenomeni possiamo vedere quanto la tecnologia permetta con confini spesso sottili il loro amplificarsi, mutare, trasformarsi compromessi più accettabili. Pensiamo ad esempio agli appartenenti a gruppi minoritari che usano internet per avere informazioni e sostegno nell’esplorazione della propria identità: la rete può essere supporto rispetto alle difficoltà nella vita quotidiana, ma anche facilmente diventare il luogo privilegiato del riconoscersi con tutti i rischi del caso.

L’obiettivo del dipendente da internet non dovrebbe essere quindi quello di cessare l’uso (come nelle tradizionali sostanze) bensì di farlo in modo sano, produttivo e controllato, dato che anche dalla letteratura emergerebbe come le strategie di auto-regolazione siano più efficaci rispetto all’evitamento forzato.

Caterina Conforto

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